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Veneto, suicidio assistito: avanti con il Comitato Liberi Subito

Domenica 10 marzo a Mestre si è tenuta l’assemblea del Comitato promotore della Legge regionale di iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito. Dopo che il Consiglio Regionale per un solo voto (il voto della “democratica” Anna Maria Bigon) ha affossato la proposta, le associazioni, i movimenti, le cittadine e cittadini che amano i diritti e le libertà proseguono il loro impegno, costituendo il “Comitato Liberi Subito”. Di seguito riportiamo la trascrizione dell’intervento della nostra tesoriera Laura Parotto.

Buona lettura!

Eccoci qui, sappiamo tutti come è andata, quindi non seve ripeterlo (che abbiamo perso per un voto…un voto!), ma dopo circa due mesi di elaborazione a me è toccato il compito di raccontarvi – serenamente eh! – come si è svolto in Consiglio Regionale del Veneto l’iter che ha portato al voto la nostra proposta di legge regionale di iniziativa popolare per l’attuazione del diritto al suicidio medicalmente assistito previsto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 242 del 2019.

Poiché farò sicuramente fatica a non essere polemica, voglio subito ringraziare di cuore i 25 consiglieri di maggioranza e di opposizione che hanno votato a favore.

L’iter di esame della proposta di legge si è composto di cinque sedute in commissione. Come Comitato promotore abbiamo illustrato la proposta di legge alla prima seduta il 31 ottobre; abbiamo poi risposto punto su punto alla numerose obiezioni che ci sono state sollevate depositando cinque memorie per un totale di 141 pagine. Inviate poi anche a tutti i consiglieri.

Già alla prima seduta abbiamo avvertito una certa ritrosia da parte di alcuni consiglieri (non tutti di maggioranza, va detto) a discutere la legge, abbiamo percepito l’esistenza di una sottile volontà trasversale di cercare un appiglio per bloccare la proposta. In generale ci è stato opposto che: – la proposta di legge è incostituzionale per incompetenza della regione; – la legge interferisce col diritto penale (domanda nostra: in quale punto? risposta della consigliera: silenzio); – e i depressi?; – e i minori? (dimenticando o non conoscendo, evidentemente, la Legge n. 219 del 2017…).

Alla prima seduta, inoltre, un consigliere della Lega – che si è dato in gran da fare, va detto – ci ha posto diciassette domande…diciassette! Alle quali – tutte – abbiamo risposto con una memoria.

A conferma della ricerca di un ostacolo all’iter della proposta di legge, il presidente del Consiglio regionale ha chiesto all’avvocatura generale dello Stato (a Roma) un parere sulla competenza regionale.

Sono poi seguite due sedute di audizioni nelle quali sono stati auditi – a parte rare eccezioni come Stefano Gheller (che – tra parentesi – è stato fatto intervenire subito dopo la pausa pranzo, quando la sala era ancora mezza vuota … ma no, no… non devo essere polemica…)- sono stati auditi, dicevo, vari soggetti c.d. “pro vita” i quali oltre a dipingere le cure palliative come la panacea di tutti i mali (non importa se sei allettato e non muovi più quasi nulla, se dipendi totalmente dagli altri se non accetti più la vita che ti si prospetta…ci sono le cure palliative…e ti devono andar bene, caro mio…), hanno anche prospettato terribili conseguenze laddove la nostra proposta di legge (regionale) fosse approvata: pendii scivolosi vari, come un cambio di mentalità per cui i malati si sentirebbero un peso (questo è un leit motiv) e la società diverrebbe propensa a concedere il diritto al suicidio medicalmente assistito finanche a persone senzatetto e a persone in stato di estrema povertà, in sostanza, diventeremmo tutti dei mostrilascio a voi commentare…

Durante le audizioni, il 16 novembre, viene poi data notizia del parere dell’avvocatura generale dello stato secondo cui la proposta di legge regionale “potrebbe” (terza persona condizionale presente) non essere conforme con la ripartizione delle competenze tra stato e regioni. E qui due consiglieri – sventolando cotanto parere – hanno provato a proporre l’interruzione dei lavori in nome di un legislatore responsabile che non emana leggi che rischiano di essere dichiarate incostituzionali dalla Corte.

Ora, a parte che il parere non è vincolante, io non vorrei infierire… ma delle due l’una: detti consiglieri erano in mala fede o non sanno distinguere il condizionale dall’indicativo presente?

La risposta è la prima: erano in mala fede.

Abbiamo, infatti, poi scoperto che questo stesso Consiglio già in due occasioni, pur consapevole della possibile incostituzionalità per competenza delle leggi che stava approvando, non solo non ha chiesto alcun parere all’avvocatura generale dello stato, ma ha comunque approvato le due leggi (entrambe poi impugnate e dichiarare parzialmente incostituzionali dalla Corte).

Evidentemente in tema di caccia e di edilizia la preoccupazione di essere un legislatore responsabile si è fatta sentire meno.

Nel corso delle audizioni ma anche da parte di alcuni consiglieri regionali ci è stato più volte opposto che, secondo la loro personale lettura della sentenza della Corte costituzionale, il servizio sanitario regionale avrebbe solo l’obbligo di effettuare le verifiche dei requisiti richiesti dalla sentenza ma non anche l’obbligo – in caso di esito positivo delle verifiche – di fornire farmaco e assistenza all’autosomministrazione.

In sostanza, in caso accertamento dei requisiti, la persona malata (lo si ricorda: affetta da malattia irreversibile e da sofferenze intollerabili) per avere l’aiuto medico a morire dovrebbe arrangiarsi forse rivolgendosi ad un soggetto privato e pagamento.

Ma esonerare il servizio sanitario regionale dall’obbligo di prestare assistenza nell’auto somministrazione del farmaco di fatto equivale a negare l’esistenza di un diritto al suicidio medicalmente assistito effettivamente esigibile da parte della persona in possesso dei requisiti.

Ma le soprese non finiscono qui: nel frattempo la giunta ha quantificato in euro 250.000 l’anno la spesa per l’attuazione della sentenza della Corte costituzionale in Veneto e ciò sulla base di un dato reperito dall’associazione Exit Italia, la quale – però – il giorno dopo che i giornali hanno dato la notizia ha smentito di aver mai fornito una quantificazione dei costi del suicidio medicalmente assistito in Italia.

Sorte quindi obiezioni anche sotto il profilo finanziario la proposta di legge è stata discussa anche in Commissione bilancio: la proposta di legge conteneva la c.d. clausola di invarianza finanziaria che vuol dire che la Regione deve dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale con le risorse finanziarie già disponibili.

Ebbene questa clausola non andava bene.

La prestazione avrebbe un costo come previsto dalla giunta (i 250.000 euro l’anno…) e, quindi, occorreva stabilire se la prestazione fosse un LEA o un extra LEA.

Vi risparmio ulteriori tecnicismi, di fatto mi limito a dire che sorprende che la normazione dell’esercizio di un diritto sancito da una sentenza della Corte costituzionale con valore di legge e già applicata in Veneto possa essere impedito da aspetti finanziari.

La Commissione bilancio rinvia la seduta e, a questo punto, i lavori delle Commissioni cessano improvvisamente per scadenza dei termini, senza un voto finale (il che, ad essere sinceri, per noi è stato meglio).

Si giunge, quindi, al voto in Consiglio Regionale il 16 gennaio. Sono presenti 50 consiglieri su 51 (praticamente tutti). Gli interventi dei consiglieri contrari sono stati a dir poco surreali. Oggetto della discussione avrebbe dovuto essere semplicemente il testo della proposta di legge regionale, invece, una buona parte degli interventi hanno avuto ad oggetto la contrarietà al diritto al suicidio medicalmente assistito e ciò a suon di metafore (non aprite quella porta!) e di citazioni di vari filosofi tra cui Seneca (di cui immagino la felicità di essere tirato in ballo visto che era favorevole alla libera morte…).

Fatto sta però che – come è facilmente comprensibile – non ha alcun senso discutere in un consiglio regionale della propria contrarietà ad un diritto già esistente a livello nazionale perché sancito da una sentenza della Corte costituzionale direttamente applicabile e con efficacia di legge.

Che cosa ci hanno detto i voti contrari e le astensioni del 16 gennaio? Ci hanno detto questo: io, consigliere contrario o astenuto – per ragioni mie personali, religiose o semplicemente di bandiera e di appartenenza ideologica – sono contrario al diritto al suicidio medicalmente assistito e, quindi, voto a prescindere contro una proposta di legge regionale che ha l’obiettivo di agevolare l’esercizio di quel diritto già esistente. Voto in questo modo perché voglio ostacolare l’esercizio di un diritto che non mi garba.

Va detto che qualcuno ha cercato di giustificare la propria contrarietà alla proposta di legge regionale lamentando l’assenza nel testo di previsioni in merito alla proposta di cure palliative al richiedente l’aiuto medico a morire. Ebbene chi sostiene questo ignora o finge di ignorare che l’obbligo del medico di informare il paziente e di proporgli le possibili alternative di sostegno anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica è già sancito dagli articoli 1 e 2 della Legge sul consenso informato richiamati dalla sentenza della Corte costituzionale e dalla proposta di legge regionale stessa.

Non si tratta, quindi, della necessità di rispettare la libertà di coscienza o le posizioni altrui (come ci siamo sentiti dire tante volte: “dovete rispettare chi la pensa diversamente!”): certo che si può essere contrari al diritto al suicidio medicalmente assistito ma se questo diritto è previsto dall’ordinamento giuridico nazionale la Regione non ha solo la possibilità ma ha il dovere di regolarne l’esercizio.

Ciò in Veneto non si è voluto fare e per questo riteniamo che i Consiglieri tutti che l’hanno impedito sulla base della propria personale contrarietà al diritto al suicidio medicalmente assistito non abbiano assolto correttamente il proprio incarico istituzionale.

Laura Parotto, Tesoriera dell’Associazione Verona Radicale

Informazioni su Verona Radicale

Associazione Verona Radicale liberale, liberista, libertaria, antiproibizionista, anticlericale, ecologista, nonviolenta

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